Adolfo Wildt
Milano, 1 Marzo 1868 - Milano, 12 Marzo 1931
Nasce da una famiglia di umili origini, e a dispetto del cognome nordico, milanese da molte generazioni.
Ad 11 anni entrò come apprendista nella bottega dello scultore Giuseppe Grandi e fece una lunga esperienza come lavoratore del marmo presso lo scultore Federico Villa e in seguito come rifinitori di marmi presso i più noti scultori lombardi dell’epoca: una lunga premessa alla sua attività plastica e grafica.
Il primo premio all’Esposizione di Monaco del 1896 e il mecenatismo del tedesco Franz Von Rose, gli permisero di dedicarsi del tutto alla scultura.
Nel 1912 vinse il premio alla Biennale di Brera e nel 1922 alla Biennale di Venezia con l’opera La Famiglia (1922) purtroppo distrutta sotto i bombardamenti della seconda guerra mondiale. Dal 1923 insegnò all’Accademia di Brera e nel 1929 fu accolto all’Accademia d’Italia, appena inaugurata.
La sua arte fu spesso fraintesa come nel caso del San Francesco oppure della controversa Trilogia del ‘12; tacciata di macabro decorativismo, quando non confusa con l’arte ufficiale di regime, il suo filone culturale, invece proveniva dal nord: goticismo ed espressionismo.
Lo scultore sviluppa uno stile conciso e incisivo, lirico ed esatto, una sintesi armonica e conchiusa di visioni balenanti e di osservazioni ostinate pazienti e minutissime, e da una lenta angoscia terrena, sofferte nel solitario meditare di un credente. Si bilanciano in essa l’intuito decorativo e il senso tragico. La sua opera in bilico tra arte mistica simbolica e spirituale, ma eminentemente scultorea, è ricca di riferimenti letterari come in Madre adottiva (1916-17), Maria dà luce ai pargoli cristiani (1919) e la Santa Lucia, custodita in questo museo.
Scheda compilata da Jacopo Suggi