Storia di Villa Mimbelli
1865-1936: la Villa dei Mimbelli
Nel 1865 Francesco Mimbelli (1842-1930), commerciante di grano e altre merci, appartenente a una famiglia che dall’originaria Orebic’ in Dalmazia si spostava e aveva interessi in altri centri e porti dell’Europa, giunto a Livorno tra il 1857 e il 1859 e ben radicato nell’ambiente cittadino, affida all’architetto Vincenzo Micheli la costruzione della sua nuova residenza al posto della vecchia casa dei pittori livornesi Giuseppe, Antonio e Jacopo Terreni: una villa nel borgo di San Jacopo in Acquaviva, nella zona sud di Livorno, segno della sua raggiunta agiatezza economica.
Nel 1868 Villa Mimbelli, sviluppata su tre piani (due nobili e l’ultimo anche per la servitù), con altana e ben tre ingressi destinati a pubblico e occasioni diverse, è pronta.
Nel 1871 Francesco sposa Enrichetta Rodocanacchi (1848-1877), appartenente a un’importante famiglia livornese di origine greca, che si dedica in particolare alla sistemazione a parco dei terreni intorno alla Villa, dove si trovano anche i granai e la casa del guardiano.
Nel 1875 si concludono i lavori di decorazione interna, affidati ai pittori Annibale Gatti con allievi e ai fratelli livornesi Pietro e Giuseppe Della Valle, nonché a stuccatori, decoratori, intagliatori, artigiani per i pavimenti, tappezzieri: una grande festa saluta l’ultimazione del dipinto del Gatti Il Granduca Ferdinando II presenta lo scultore Pietro Tacca alla Granduchessa sua moglie.
Nel 1877 Enrichetta muore, lasciando un unico figlio di 5 anni, Luca (1872-1930).
Francesco, all’inizio del nuovo secolo, ormai quasi sessantenne, inizia una relazione con Inesh Maccapani (1883-1979), conosciuta come Giovanna, figlia di un fattore e di quarantun’anni più giovane, dalla quale ha due figli, Gilberta (1908-1930) e Pierluigi (1911-1937).
Il 1930 segna la fine di molti Mimbelli: nel giro di pochi mesi muoiono Francesco e i figli Luca e Gilberta. Nonostante sia ancora vivo il terzogenito Pierluigi, che scompare nel 1937, la Villa è ereditata dal figlio del primogenito Luca, l’Ammiraglio Francesco Maria (1903-1978), che nel 1936 la vende con tutti i mobili e il parco all’Azienda Autonoma Poste e Telegrafi.
Abitarono in Villa…
Enrichetta Rodocanacchi, fotografia di Giuseppe Marzocchini & Figlio, 1860 (Milano, Civico Archivio Fotografico)
Vittorio Corcos, Ritratto di Giovanna Mimbelli , 1924 (Livorno, Museo Civico G.Fattori)
Vittorio Corcos, Ritratto di Gilberta Mimbelli , 1927 (Livorno, Museo Civico G.Fattori)
1936-Anni ’70: il collegio, l’occupazione militare e l’abbandono
Nel 1936 l’Azienda Autonoma Poste e Telegrafi acquista la Villa per 680.000 lire e la destina a collegio per i figli dei dipendenti, adattando gli ambienti al nuovo uso, trasformando la casa del guardiano in cappella e i granai in dormitorio, e costruendo nel parco un teatrino. Con lo scoppio della II Guerra mondiale l’edificio viene svuotato dagli arredi, occupato dall’esercito tedesco e poi alleato, infine devastato. Finita la guerra, rimane per decenni in abbandono.
1979-1994: l’acquisto del Comune, il restauro e il Museo
Nel 1979 il Comune di Livorno acquista l’edificio e inizia un lungo e complesso restauro degli esterni e dell’interno, comprese le decorazioni (dipinti sulle pareti e sui soffitti, stucchi, ceramiche, intagli), i pochi arredi rimasti o recuperati (caminetti, specchi, mobili, lampadari in vetro e cristallo), mentre nuove tappezzerie e tende riproducono il disegno e i colori originari. Il tutto per una nuova funzione: il 3 dicembre 1994 nella restaurata Villa Mimbelli viene inaugurato, nella sua quarta sede, il Museo Fattori. La raccolta civica di dipinti da metà ’800 a metà ’900 viene esposta nell’intera Villa: al piano terra e al 1° piano, che mantengono o recuperano l’aspetto e l’atmosfera originari della Villa, e al 2° piano, già in origine meno decorato e ricco, in cui prevale l’aspetto di museo.
Gli interni e il Parco
Ingresso da via San Jacopo in Acquaviva
Incorniciato da 6 alte colonne e dal balcone, rialzato su 5 gradini, dava accesso direttamente alla Sala da pranzo.
Ingresso laterale
Dopo 5 gradini, tre grandi portoni portavano gli ospiti nella Sala di rappresentanza e nel Salone turco.
Ingresso dal parco
Con piano inclinato per le carrozze ed elegante tettoia in ghisa, dava accesso a un vestibolo (ora biglietteria, bookshop e spazio di accoglienza del Museo) che introduceva a sinistra al Salottino verde, davanti alla Galleria Rinascimentale, a destra probabilmente alla Biblioteca con sulla volta medaglioni con ritratti dipinti di poeti e letterati (ora Direzione del Museo e non visitabile). Adesso è l’ingresso al Museo.
Salottino verde
Fungeva da disimpegno, come sembrano confermare le quattro specchiere agli angoli. Sulla volta, tra stucchi su fondo oro, quattro tondi dipinti da Pietro Della Valle con paesaggi e scene di vita di campagna (1872 circa). Come nelle altre sale della Villa, il colore dominante, qui un verde salvia, è dato soprattutto dalla tappezzeria in stoffa e dai tendaggi coordinati.
Galleria rinascimentale
È vagamente ispirata all’arte del ’400 con alle pareti e volte festoni vegetali, decorazioni in stucco e piatti in ceramica, in cui si ripetono lo stemma e le iniziali di Francesco Mimbelli. Dalle volte pendono sontuosi lampadari in vetro.
Sala di rappresentanza o Sala rossa
Era riservata alle riunioni di lavoro, come dimostrano le 4 figure femminili dipinte agli angoli della volta da Eugenio Giuseppe Conti, allievo di Annibale Gatti, rappresentanti il Progresso, il Commercio, la Navigazione e l’Agricoltura (1874 circa). Sotto la volta con stucchi, specchiere, porte decorate, tappezzerie e tendaggi rosso cupo.
Sala turca o Sala del biliardo
Secondo la moda di fine ’800, è ispirato vagamente all’Oriente: la sala è interamente un dialogo tra il legno del pavimento, della boiserie delle pareti, dell’articolata volta e l’azzurro delle grandi composizioni alle pareti, che richiama forse le vivaci tinte delle ceramiche turche e che è ripreso anche dalle più minute e accese decorazioni sulla volta. Al centro è un biliardo.
Sala da pranzo
La sontuosa sala è caratterizza dal grande dipinto ovale al centro del soffitto completamente decorato, che raffigura, coerentemente con l’uso della sala, un banchetto dopo la caccia, e dal legno scuro nella parte inferiore delle pareti, nelle porte e nel grande mobile con specchiera sovrastato da dipinti con putti e ghirlande di frutta e fiori. La sala ospita oggi i quadri di Enrico Pollastrini.
Sala da fumo o Sala moresca
La sala in cui gli uomini si appartavano a fumare evoca con decisione la tradizione araba e islamica, secondo la moda corrente e forse anche in riferimento ai commerci di Francesco Mimbelli: bassi divanetti in stoffa blu, che rendono la stanza quasi circolare, decorazioni ad alveoli e a stalattiti (le cosiddette muqarnas), predominanza di brillanti colori oro, rosso e azzurro, richiami ai motivi delle ceramiche e dei pavimenti.
Scalone
Lo scenografico scalone si ispira alle sculture della bottega fiorentina del ’400 dei Della Robbia: una ringhiera con putti in ceramica bianca invetriata (cioè lucida) alternati a colonnine in ceramica decorate in blu, verde e giallo. Alle pareti, dipinti illusionistici a trompe-l’oeil con rovine classiche immerse in paesaggi fantastici.
Galleria
La volta è decorata con stucchi chiari con festoni di fiori e frutta e riquadri con foglie, vagamente ispirati allo stile rinascimentale; toni chiari anche per le porte, le pareti e le decorazioni del pavimento. Al centro pende da una cupoletta un grande lampadario di vetro. Ora vi sono esposti dipinti di diversi artisti.
Anticamera
Dava accesso alle sale tradizionalmente ritenute le camere da letto di Francesco, a destra, ed Enrichetta Mimbelli, a sinistra. È rimasto soltanto il camino in marmo e il soffitto con stucchi, decorazioni floreali e al centro un dipinto con Torquato Tasso che legge la Gerusalemme liberata a Eleonora d’Este, possibile quindi che la stanza fosse un salottino di lettura. Ora vi sono esposte opere di Mario Puccini, Oscar Ghiglia e altri.
Camera da letto di Francesco
Scomparsi gli arredi, rimane solo il soffitto decorato. Oggi la sala è dedicata ai dipinti del livornese Gugliemo Micheli.
Camera da letto di Enrichetta
Come la camera tradizionalmente attribuita a Francesco, anche questa è spoglia. Rimane la volta dipinta che finge una leggera e ariosa architettura aperta sul cielo, dove danzano al centro amorini; agli angoli le iniziali di Enrichetta alternate a quelle di Francesco. Oggi vi sono esposti dipinti del livornese Ulvi Liegi.
Salone degli specchi o Sala da ballo
Domina l’oro di ornati, tappezzerie, tendaggi e cornici dei grandi specchi che amplificano lo spazio. Da una fessura in alto si diffondeva la musica suonata in una stanza al mezzanino. Sul soffitto Annibale Gatti ha dipinto il Trionfo dell’amore. Oggi è destinata ad attività, incontri, eventi.
Sala da fumo
Al centro del soffitto è il grande dipinto Il Granduca Ferdinando II presenta lo scultore Pietro Tacca alla Granduchessa sua moglie di Annibale Gatti, finito nel 1875, in cui compaiono simboli di Livorno come il monumento ai Quattro mori e la Fortezza vecchia. Alle pareti, specchiera, camino in marmo con scolpiti anche animali esotici e sopra apertura sulla Sala degli specchi. Ora vi sono esposti dipinti di Renato Natali.
Sala nera
Toni più scuri nel caminetto in marmo nero sovrastato da specchiera in ebano nero con decorazioni in avorio, ripresa dalle porte, tra tappezzeria e tendaggi a righe rosse e bordeaux. Ora ospita dipinti di diversi artisti.
Sala dei banchetti
Vi veniva servito il cibo durante le feste da ballo, come dimostra la fascia in alto con tondi dipinti con calici, fiori, frutta e cacciagione. Oggi ospita un grande dipinto di Plinio Nomellini.
Scala di Minissi
Dalla Sala dei banchetti, una scala progettata nel 1988-92 dal noto architetto Franco Minissi, specializzato in museografia, che ora ospita busti di personaggi illustri, conduce al 2° piano, originariamente adibito a stanze per bambini, ospiti e servitù e dunque meno decorato, dove si perde il carattere della Villa e si acquista quello del museo moderno.
Sala Fattori
La più ampia sala del 2° piano ha per metà il soffitto decorato con fiori, motivi vegetali e puttini, sotto la finestra finti intarsi marmorei realizzati da Giuseppe Della Valle con la tecnica della scagliola, cioè in gesso. Oggi è destinata a dipinti di Giovanni Fattori e Cesare Bartolena, anche di grande formato.
Saletta Fattori
Il soffitto è dipinto sui toni del rosa con motivi vegetali e geometrici; sotto la finestra sono finti intarsi marmorei in scagliola di Giuseppe della Valle; sulle pareti corre una fascia con racemi, fiori e foglie, probabilmente realizzata nei primi del ’900. La sala ospita oggi dipinti di Giovanni Fattori.
Saletta dei Macchiaoli
Rimangono le decorazioni sul soffitto, realizzate probabilmente nei primi del ’900 sui toni dell’azzurro e del beige, con racemi vegetali al centro e sui lati corti, dove tornano le iniziali di Francesco Mimbelli. Oggi vi sono esposti dipinti, specialmente di piccolo formato, tra gli altri di Vincenzo Cabianca, Silvestro Lega, Telemaco Signorini, Giovanni Boldini.
Saletta Tommasi
Sul pavimento un vetro rende visibile l’angusta scala che da qui conduceva al mezzanino, nella stanza dove suonava l’orchestra durante le feste da ballo, e poi ancora giù fino al 1° piano. La Saletta, con scarsa decorazione solo alle pareti e sotto la finestra, oggi ospita dipinti dei fratelli Angiolo e Lodovico Tommasi.
Sala Tommasi
Presenta decorazioni di primo ’900 in stile Liberty sul soffitto, con elementi floreali e al centro un cielo con rondini in volo, e sulle pareti, con una fascia a quasi mezza altezza in cui tornano gli stessi fiori del soffitto. Ospita oggi dipinti di Adolfo Tommasi e di altri artisti.
Sala dei ritratti
Non è rimasta alcuna decorazione antica, se non le già viste decorazioni a finti marmi sotto la finestra. Raccoglie tematicamente ritratti anche di grande formato di Michele Gordigiani, Vittorio Corcos, Leonetto Cappiello.
Galleria
Il soffitto e la parte superiore delle pareti presentano decorazioni con riquadri con girali vegetali nei toni del grigio e azzurro. Oggi vi sono esposte opere di vari artisti tra cui Vittore Grubicy de Dragon, Gaetano Previati e i livornesi Eugenio Cecconi e Benvenuto Benvenuti.
Sala Nomellini
La sala, dove non è rimasta alcuna decorazione, è tutta dedicata al pittore livornese Plinio Nomellini.
Parco
Nel novembre 1871, Francesco acquista come regalo di nozze per la moglie Enrichetta Rodocanacchi i terreni circostanti la Villa, che vengono da lei sistemati. Quelli sul retro della Villa, oltre l’attuale via San Jacopo e ora perduti, sono destinati a orto e frutteto, il resto è trasformato in parco “all’inglese”, con una grande varietà di piante ad alto e basso fusto, alcune delle quali ricercate e rare giunte anche grazie ai traffici commerciali di Mimbelli con l’Oriente, ampie zone a prato delimitate da viali curvilinei, una fontana addossata ad una grotta artificiale davanti all’ingresso laterale della Villa.
Dopo l’acquisto da parte del Comune, il parco, in parte intitolato al fitopatologo livornese Lionello Petri, è diventato un polmone verde aperto alla città.
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Cappella (ora Biblioteca)
In origine casa del guardiano di Villa Mimbelli, dopo l’acquisto del 1936 dell’Azienda Autonoma Poste e Telegrafi è stata in parte abbattuta e trasformata in Cappella del collegio. Oggi è sede della Biblioteca d’Arte del Museo Fattori.
Limonaia (ora Ludoteca)
Viene realizzata nel 1897 come serra, dotata di 7 ampie aperture vetrate per far entrare la luce. Oggi è sede della ludoteca “La serra incantata”.
Teatrino
Costruito dopo la vendita di Villa Mimbelli all’Azienda Autonoma Poste e Telegrafi nel 1936 e recentemente restaurato, il piccolo edificio contiene al suo interno il palco, separato dallo spazio all’aperto destinato al pubblico da una scalinata semicircolare, con una porta sul retro ad uso degli artisti. Sulla facciata, in alto, corre una scritta latina: “ridentibus arrident humani vultus” (Il volto umano ride con chi ride), tratta dall’Ars poetica di Orazio (vv. 101-02) che contiene il riferimento anche all’emozione opposta: “ut ridentibus arrident, ita flentibus adflent humani vultus” (Come il volto umano ride con chi ride, così piange con chi piange). Se perciò Orazio aveva celebrato la bravura dell’attore che suscita il riso o il pianto, nel Teatrino si trasmette soltanto l’idea del riso.
Lo spazio antistante il teatro ospita circa 700 posti a sedere ed è ancora usato per spettacoli, concerti e manifestazioni.
Altre immagini
Granai
Il grande edificio di forma allungata, con ingresso su via San Jacopo in Acquaviva, costruito nel 1848, era il deposito di grano, la scuderia e la rimessa di carrozze di Villa Mimbelli. È stato utilizzato dopo l’acquisto della Villa da parte dell’Azienda Autonoma Poste e Telegrafi nel 1936 come dormitorio del collegio, dagli anni ’60 come scuola e uffici comunali. È stato restaurato e riaperto nel 2004 come spazio espositivo per mostre.